Denatalità in Italia: “dal baby boom al baby flop”

Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, e Farmindustria presentano il Libro Bianco “La salute della donna – La sfida della denatalità”

Nel 2019 in Italia le nascite risultano decisamente inferiori ai decessi: sono 435 mila i nuovi nati
contro 647 mila deceduti, segnando un nuovo record negativo, –4,5% rispetto al 2018. “In poco
più di 50 anni siamo passati dal baby boom degli anni ’60 al baby flop dei nostri giorni”,
commentano gli esperti.

“Inverno demografico”, lo definiscono altri; la popolazione continua a invecchiare e fa sempre
meno figli. Questo vuol dire che si sta ridisegnando l’idea di famiglia: tre quinti dei bambini non
avranno fratelli, cugini e zii; solo genitori, nonni e bisnonni.

A causa dell’emergenza sanitaria Covid-19 le nascite potrebbero calare ulteriormente di oltre 10
mila unità secondo uno scenario Istat.

Milano, 26 novembre 2020 – Al 1° gennaio 2020, secondo i dati Istat, si stima che la popolazione
italiana sia di circa 60 milioni, 116 mila in meno rispetto all’anno precedente. Le nascite risultano
decisamente inferiori ai decessi: 435 mila contro 647 mila, segnando, purtroppo, un nuovo record
negativo con una diminuzione di 20 mila unità rispetto all’anno precedente, –4,5%. “Inverno
demografico”, come lo definiscono alcuni sociologi; la popolazione continua a invecchiare e fa
sempre meno figli. Questo vuol dire che si sta ridisegnando l’idea di famiglia: tre quinti dei bambini
non avranno fratelli, cugini e zii; solo genitori, nonni e bisnonni. Già oggi, per 100 bambini di età
inferiore ai 15 anni ci sono 161 over 64 e tra vent’anni il rapporto sarà di 100 a 265, siamo il secondo
paese più vecchio al mondo. Aumenta poi l’età media delle madri al parto, giungendo a 32 anni,
mentre il numero di figli per donna (il tasso di fecondità) rimane costante, pari a 1,29. Il numero di
figli desiderato resta sempre fermo a due, evidenziando un significativo divario tra quanto si
vorrebbe e quanto si riesce a realizzare: ben il 46% degli italiani che desidera procreare desidera
due figli, il 21,9% tre o più, mentre solo il 5,5% vorrebbe avere solo un figlio.

Questi sono alcuni degli aspetti evidenziati nel Libro bianco “La salute della donna – La sfida della
denatalità”, realizzato da Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di
genere, grazie al supporto di Farmindustria. “Questa settima edizione del Libro Bianco realizzata
grazie al rinnovato sostegno di Farmindustria e al contributo di molteplici autori, è dedicata alla
denatalità, una delle più importanti e urgenti sfide che il nostro Paese deve affrontare, resa ancora
più complessa dal Covid-19”, commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda. “Il
costante calo annuale delle nascite che si registra nel nostro Paese, causato dalla riduzione delle
donne in età fertile, dal basso indice di fecondità e dal basso livello di occupazione femminile, avrà
un impatto anche sul piano economico. A fronte di un invecchiamento progressivo della popolazione
e di questo calo delle nascite, avremo una minore forza lavoro con sempre più anziani e meno
giovani. Il Ddl Family Act è il primo intervento concreto a sostegno delle giovani coppie”.

“Purtroppo”, afferma Gian Carlo Blangiardo, Presidente ISTAT, “il 2019 ha messo in luce, per il
settimo anno consecutivo, un nuovo superamento, al ribasso, del record di minor numero di nati mai
registrato: si tratta del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918. La
natalità italiana, già bassa, potrebbe subire un calo ulteriore a causa di Covid-19. Una recente
simulazione ha infatti evidenziato un calo delle nascite nell’ordine superiore alle 10 mila unità. E lo
scenario peggiora nettamente se si tiene conto anche dei verosimili effetti negativi socio-economici
della pandemia, assumendo la crescita della disoccupazione come ‘effetto collaterale’ del clima di
disagio e di insicurezza materiale”.

“L’Italia è tra i paesi che fa meno figli al mondo, meno anche rispetto agli anni della Prima e Seconda
guerra mondiale”, sottolinea Fabio Mosca, Presidente Società Italiana di Neonatologia. “In poco più
di 50 anni siamo passati dal baby boom degli anni ’60 al baby flop dei nostri giorni. Una questione
non solo demografica, ma principalmente sociale ed economica causata dalla mancanza di politiche
organiche e continuative di sostegno alla famiglia e alle donne-madri, per anni sottovalutata. Con il
Family Act del 2020 è stato finalmente compiuto il primo passo concreto per sostenere la
genitorialità e mettere la famiglia al centro del futuro del nostro Paese”.

L’effetto più negativo del calo delle nascite sulla società italiana non è tanto la diminuzione della
popolazione complessiva quanto il suo progressivo invecchiamento, producendo una quota
insufficiente di nuovi lavoratori. Senza tralasciare il fatto che sono circa 10 milioni le donne costrette
a rinunciare al lavoro o che perdono il lavoro a causa di problematiche di conciliazione famiglia-lavoro. Non a caso l’Italia figura tra gli ultimi Paesi europei per numero di donne occupate.

“Le donne sono scoraggiate”, continua Mosca, “perché è difficile conciliare i tempi di vita e lavoro e
per questo talvolta rinunciano ad allattare e spesso ad avere un secondo figlio. La scelta di avere
uno o più figli non dipende solo dalla condizione economica ma principalmente dal livello di
benessere, cioè dalla qualità della vita. Ormai è un dato di fatto: a bassi tassi di occupazione
femminile corrispondono bassi tassi di fecondità”. In Italia, infatti, solo il 48,9% delle donne in età
fertile lavora, contro una media del 62,4% dell’Unione europea.

Nell’ambito delle pari opportunità le imprese del farmaco rappresentano una best practice. Il 42%
dei lavoratori è rappresentato da donne, una netta maggioranza rispetto al 29% negli altri settori
dell’industria, e spesso rivestono ruoli importanti: sono il 40% dei dirigenti e quadri, mentre negli
altri settori non superano il 17%. Nell’area della ricerca, poi, sono la maggioranza, con il 52% degli
addetti. Inoltre, le aziende del settore farmaceutico, ispirandosi al concetto di sviluppo sostenibile,
hanno introdotto diverse pratiche di welfare, con particolare attenzione alla conciliazione vitalavoro e al benessere dei dipendenti e dei loro familiari.

“La forte presenza femminile e la forte attenzione alle persone fanno sì che da anni nelle imprese del
farmaco le pari opportunità siano una realtà”, conclude Massimo Scaccabarozzi, Presidente
Farmindustria. “Dati Istat mostrano che la farmaceutica è il settore con la più alta quota di imprese
che adottano misure concrete per pari opportunità, diversity, inclusion, conciliazione vita-lavoro e
sostegno della genitorialità. Tra queste, ad esempio, permessi aggiuntivi rispetto alla legge e al
CCNL, congedi e aspettative più lunghi in caso di paternità/maternità, agevolazioni di orario
d’ingresso e uscita e flessibilità, utilizzo di part-time verticale e orizzontale, asili nido aziendali, servizi
di take away e di lavanderia. Grazie a questo il settore ha una produttività più alta del totale
dell’economia che si accompagna a un maggiore numero di figli rispetto alla media nazionale”.

SINTESI-LIBRO-BIANCO-2020

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