Al convegno presso il Ministero della Salute gli specialisti fanno il punto anche sulle nuove terapie. “Il 78% dei pazienti italiani riesce a sconfiggere il tumore della vescica – sostiene il prof. Sergio Bracarda Direttore del Dipartimento Oncologico Azienda USL Toscana Sud-est, Arezzo e Consigliere Nazionale AIOM -. Finora questa neoplasia in fase avanzata è stata principalmente trattata con la chemioterapia, ma non sempre in modo ottimale, a causa della presenza di alcune complicanze come l’insufficienza renale. E’ difficile da curare perché colpisce soprattutto persone anziane e quindi spesso afflitte da altre malattie. Studi clinici hanno evidenziato, anche in questa patologia neoplastica, il ruolo dell’immunoterapia con l’introduzione di anticorpi anti-PD1 e anti-PD-L1, in grado di ripristinare la capacità del nostro sistema immunitario di riconoscere e aggredire il cancro. Questi farmaci hanno dimostrato di essere efficaci e meglio tollerati rispetto alla tradizionale chemioterapia”.
Quella alla vescica è una forma di tumore sempre più diffusa in tutti i Paesi Occidentali. In Europa ogni anno colpisce circa 175.000 persone e provoca 52.000 decessi (5.600 solo in Italia). Nonostante questi numeri, da anni le associazioni dei pazienti denunciano una sottovalutazione della malattia. “I finanziamenti per la ricerca medico-scientifica contro la neoplasia non rispecchiano né la diffusione né la sua complessità clinica – aggiunge Francesco Diomede Vice Presidente della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) -. La nostra Federazione insieme all’European Cancer Patient Coalition, una Coalizione che unisce 408 associazioni di 44 paesi, ha deciso di promuovere alcune iniziative di sensibilizzazione nei confronti della Commissione e del Parlamento Europeo. A nostro avviso è fondamentale riuscire ad avviare al più presto nuovi studi clinici che individuino come ottenere sempre più diagnosi precoci soprattutto per le persone considerate ad alto rischio di sviluppare la malattia”. “Tra di loro ci sono alcune specifiche categorie di lavoratori – aggiunge Pinto -. In Italia circa un quarto di tutti i casi è attribuibile a esposizioni ad alcune sostanze chimiche utilizzate nell’industria tessile, dei coloranti e della gomma e del cuoio. Chi per motivi professionali è costretto a passare diverse ore a stretto contatto con queste sostanze deve prestare ancora più attenzione alle proprie urine e sottoporsi regolarmente ad esami e accertamenti. Il numero di carcinomi alla vescica d’origine professionale è, infatti, in aumento soprattutto tra le donne”.
“Credo che un’azienda farmaceutica come Roche, oltre a sostenere la ricerca per mettere a disposizione dei medici sempre migliori soluzioni terapeutiche, non può esimersi dall’essere interprete del ruolo sociale che si traduce anche nel sostenere campagne di informazione e prevenzione come questa di AIOM” conclude il dott. Aldo Sterpone, Onco-Hematology Business Unit Director di Roche.