Dal VI Meeting annuale Associazione Italiana Anderson-Fabry: un approfondimento sull’alimentazione nella Malattia di Fabry

Stefania Tobaldini (presidente AIAF): “Un meeting molto partecipato, che ha visto la presenza di 170 persone provenienti da tutte le regioni italiane”

Si è concluso ieri a Rimini il VI Meeting Nazionale Pazienti e Famiglie Fabry, organizzato annualmente dall’Associazione Italiana Anderson-Fabry (AIAF), in modalità itinerante così da raggiungere tutta Italia. In linea con quello che è da sempre uno degli obiettivi del Meeting, ovvero condividere aggiornamenti sulla patologia, quest’anno uno dei focus scientifici presentati è stato dedicato all’importanza dell’alimentazione nella gestione della patologia.

“Anno dopo anno – spiega la presidente Stefania Tobaldini – il Meeting Nazionale ha assunto un’importanza via via sempre più rilevante per i pazienti, perché rappresenta un’occasione di incontro e condivisione tra le famiglie, ma anche un importante momento di formazione e informazione sulle più recenti novità scientifiche legate alla Malattia di Fabry e sulle best practice per la ricerca e la gestione della patologia, grazie alla disponibilità e alla partecipazione dei Medici del nostro Comitato Scientifico. Il tema dell’alimentazione, come strategia complementare alle cure per la Malattia di Fabry, è sempre stato al centro dell’interesse dei nostri Associati”.

La genesi dell’Associazione, nata dalla fusione di due realtà già precedentemente attive (AIPAF-Associazione Italiana Pazienti Anderson-Fabry e GIPF-Gruppo Italiano Pazienti Fabry) fa sì che AIAF possa vantare un’esperienza, nel suo complesso, ventennale dell’organizzazione di occasioni d’incontro e aggiornamento per i pazienti con Malattia di Anderson-Fabry.

L’alimentazione nella malattia di Fabry

Le manifestazioni gastrointestinali sono estremamente diffuse tra i pazienti con Malattia di Fabry e compaiono molto precocemente. “Sebbene non siano generalmente pericolose per la sopravvivenza, – spiega la presidente Tobaldini – incidono fortemente sulla qualità di vita e potrebbero anche fungere da campanello di allarme per facilitare una diagnosi precoce della malattia.”

Manifestazioni come la diarrea o il gonfiore addominale assumono spesso un andamento alterno confondendosi con quelli tipici della sindrome dell’intestino irritabile (IBS). A livello gastrico, invece, uno dei sintomi maggiormente rappresentati è il dolore epigastrico e la nausea, frequentemente associati ai sintomi caratteristici del reflusso gastroesofageo.

“Le manifestazioni gastrointestinali – spiega il dott. Nicola Vitturi, Coordinatore dell’Ambulatorio Multidisciplinare Malattia di Anderson-Fabry presso la U.O.C. Malattie del Metabolismo dell’AUO di Padova – sono riportate nella Malattia di Fabry con una prevalenza di circa il 50% e solitamente vengono trattate con terapia enzimatica sostitutiva (ERT) o trattamento orale. Tuttavia, poiché nei pazienti Fabry i FODMAP (Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili) possono essere coinvolti nelle manifestazioni gastrointestinali e nella disbiosi (alterazione della flora batterica fisiologica umana), un protocollo nutrizionale di eliminazione e progressivo reinserimento di questi composti potrebbe rappresentare un trattamento aggiuntivo. Si tratta infatti di un insieme di sostanze che in individui suscettibili sono scarsamente assorbite nell’intestino tenue, possono richiamare acqua nel lume intestinale e vengono rapidamente fermentate dai batteri intestinali, specie nel colon, con produzione di gas”.

Nel corso del Meeting AIAF la dott.ssa Giorgia Gugelmo, dietista presso l’Unità Operativa Complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’AUO di Padova, ha presentato uno studio svolto presso Centro per adulti Malattie metaboliche rare ereditarie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova con l’obiettivo di testare questa ipotesi.

“Abbiamo valutato retrospettivamente i dati di 36 pazienti adulti (età media 47,6 ± 16,2 anni) con Malattia di Fabry seguiti presso il Centro di Padova – illustra la Dott.ssa Giorgia Gugelmo – che sono stati sottoposti a screening per i disturbi gastrointestinali in base al punteggio di gravità dell’IBS e ai questionari Gastrointestinal Symptom Rating Scale (GSRS). Sintomi gastrointestinali gravi o moderati sono stati riscontrati nel 61,1% dei pazienti, senza alcuna correlazione con la terapia in uso. Ai pazienti sintomatici è stata proposto un protocollo nutrizionale consistente in una prima fase di eliminazione dei saccaridi fermentescibili, seguita da una graduale reintegrazione degli stessi. Gli alimenti maggiormente coinvolti sono alcuni tipi di frutta e di verdura, legumi, latte e latticini e alimenti ricchi in glutine. Nei sette pazienti che hanno completato il protocollo low FODMAPS (dieta a basso contenuto di FODMAP) sei hanno migliorato significativamente l’indigestione, la diarrea e la costipazione in maniera continuativa e stabile”.

Il ruolo del microbiota intestinale

Tra gli approfondimenti proposti durante il Meeting anche uno dedicato al ruolo del microbiota intestinale, curato dalla Dott.ssa Silvia Turroni, docente dell’Unità di Scienze e Biotecnologie dei Microbiomi Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie Università di Bologna, che spiega: “Con il tema del microbiota intestinale si fa riferimento a una complessa comunità di microrganismi che a migliaia di miliardi popolano il nostro intestino. Si tratta di un ecosistema che, in condizioni di salute, vive in un rapporto di simbiosi mutualistica con l’organismo ospite ed esercita una profonda influenza sulla nostra fisiologia: metabolismo, modulazione del sistema immunitario, modulazione del sistema nervoso centrale etc. Tuttavia in certe condizioni il microbiota diventa disbiotico (ndr alterato), non sano, e può predisporre all’insorgenza e alla progressione di numerosi stati patologici”.

“Nel contesto della Malattia di Anderson-Fabry – prosegue la Dott.ssa Turroni – di microbiota si sa ancora poco, ma ci sono evidenze preliminari che suggeriscono un suo coinvolgimento e la possibilità di un suo impatto su diversi aspetti rilevanti nel contesto della patologia: motilità intestinale, sensibilità viscerale e asse intestino-cervello”.

Un meeting a misura di famiglie

Il Meeting è stato, come sempre, un evento a misura di famiglie, perché ha previsto attività diversificate per adulti, bambini e ragazzi per rispondere alle diverse e specifiche esigenze. Le due giornate di evento hanno rappresentato pertanto un importante momento di socializzazione e condivisione anche per i più giovani, ai quali sono stati riservati degli spazi dedicati con attività di intrattenimento e di aggregazione grazie al coinvolgimento di esperti qualificati.

L’impegno del comitato scientifico di AIAF

“Quella del Meeting è stata anche l’occasione per ufficializzare l’insediamento del nuovo Comitato Scientifico, che – spiega ancora Stefania Tobaldini – raccoglie clinici da tutta Italia, con una formazione eterogenea e specializzazioni differenti. Siamo certi che ci siano i presupposti per proseguire con il lavoro portato avanti nel precedente triennio, per supportare i malati ed individuare nuovi ambiti di collaborazione che possano concretizzarsi in un effettivo beneficio per la comunità delle famiglie di pazienti”.

AIAF è da sempre aperta alla collaborazione con tutti i Centri Ospedalieri di eccellenza italiani che si occupano di ricerca, diagnosi, cura e presa in carico delle persone con Malattia di Anderson-Fabry e in quest’ottica il ruolo del Comitato Scientifico è fondamentale per permettere un costante collegamento tra l’Associazione e l’intera comunità scientifica.

“Meeting come questo – commenta il Prof. Federico Pieruzzi, Direttore della Struttura Complessa di Nefrologia e coordinatore del Comitato – sono molto importanti perché consentono di riunire e mettere a confronto gli specialisti che si occupano di Malattia di Fabry negli ospedali con i pazienti, i parenti e l’associazione stessa. Si crea così un’integrazione molto importante e significativa, sul modello di quello che già avviene in altre realtà simili, soprattutto nei paesi anglosassoni, che consente una maggior integrazione tra i bisogni del paziente e la capacità di cura e gestione della malattia da parte degli specialisti. Da questo punto di vista – conclude Pieruzzi – è stato molto bello incontrare i nostri pazienti, con i loro familiari, insieme a colleghi stimati ed esperti, attivamente coinvolti anche nell’attività nel nuovo Comitato Scientifico di AIAF, per un’integrazione a tutti i livelli”.

 

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