- In occasione del congresso internazionale “Pain Medicine, a long journey”, co-organizzato da Fondazione Menarini e da Fondazione Paolo Procacci, in programma a Firenze il 12-13 settembre, i principali esperti internazionali illustreranno tutte le novità di settore
- L’evento celebra anche il 50° anniversario del primo congresso della International Association Study of Pain (IASP), la più importante organizzazione mondiale nel campo della medicina del dolore, tenutosi proprio a Firenze nel 1975.
L’eradicazione del dolore rappresenta una delle sfide più importanti dell’umanità. E la ricerca nel settore della terapia del dolore sta attraversando una fase di trasformazione radicale, che spazia da soluzioni farmacologiche d’avanguardia, a tecnologie digitali e bio-ingegneristiche. Se ne parlerà nel corso del congresso ‘Pain Medicine, a long journey’ dove i maggiori esperti internazionali illustreranno le ultime novità nel trattamento del dolore in tutte le sue sfumature e nell’ambito di una serie di patologie, quali malattie neurologiche, reumatologiche e oncologiche, emicrania e fibromialgia, malattia evanescente ma altamente invalidante di cui il dolore è parte fondamentale.
“Fondazione Menarini è orgogliosa di poter condividere l’organizzazione di questo evento – dice il professor Stefano Del Prato, presidente della Fondazione Menarini – sia per il suo elevatissimo contenuto scientifico ma anche perché segna la storica tappa di 50 anni di attività congressuale della IASP e il degno avvio delle celebrazioni dei 50 anni di attività della Fondazione, iniziate nel 1976”.
Ma cos’è il dolore?
“È una reazione psico-affettiva, un fenomeno fisiologico fondamentale per la difesa dell’organismo – spiega il professor Pierangelo Geppetti, presidente del Comitato Scientifico di ‘Pain Medicine’ e professore emerito di Farmacologia Clinica dell’Università di Firenze – Può sembrare un paradosso, ma la vita non sarebbe possibile senza il dolore, perché è un prezioso segnale d’allarme che ci impedisce, ad esempio, di ustionarci una mano sul fuoco. Il segnale di allarme però è caratteristico del dolore ‘acuto’, magari intenso ma breve. Problemi, anche gravi, subentrano invece quando il dolore diventa cronico e persistente, a volte anche a guarigione avvenuta. È un po’ come l’antifurto di una macchina che non si riesce più a spegnere anche quando i ladri sono ormai in fuga. In questo caso il dolore diventa ‘malattia’, un problema a sé stante, che può interferire con la qualità di vita e divenire invalidante”. La buona notizia è che oggi abbiamo a disposizione tante soluzioni terapeutiche sia per fronteggiare il dolore acuto, che quello cronico.
“Le conoscenze oggi a nostra disposizione – afferma il professor GiustinoVarrassi, presidente del Comitato Organizzatore di ‘Pain Medicine’ e presidente della Fondazione Paolo Procacci – sono infinitamente superiori a quelle che avevamo 50 anni fa. Oserei affermare, in modo forse più sentimentale che scientifico, che, nell’ambito della medicina del dolore, il progresso scientifico è stato di molto superiore a quello registrato in tanti altri campi della medicina. E nel corso dei prossimi anni, avremo a disposizione soluzioni terapeutiche sempre più innovative, anche grazie all’introduzione delle nuove tecnologie (intelligenza artificiale, bioingegneria, sensori indossabili e altro)”.
Il convegno di Firenze celebra i 50 anni dal primo congresso della IASP, che si tenne proprio nel capoluogo toscano. Il padre riconosciuto della Medicina del Dolore e fondatore della IASP (nel 1973) è il professor John Bonica, un anestesista siculo-americano, che in età giovanile per mantenersi agli studi di medicina negli Usa diventò lottatore professionista di wrestling, così provando personalmente e frequentemente l’esperienza del dolore. Ma perché proprio Firenze? Dagli anni ‘50 nella Clinica Medica dell’Ospedale Universitario di Careggi hanno operato dei pionieri della ricerca e della clinica del dolore. Da una parte il professor Federigo Sicuteri all’inizio anni ’50 fondò il primo Centro Cefalee in Italia e in Europa (il secondo al mondo dopo quello di Harold Wolff ad Harvard, negli Usa), e dell’altra il professor Paolo Procacci creatore del Centro di Terapia del Dolore e cofondatore insieme a John Bonica della International Association for the Study of Pain (la IASP appunto), che tenne il
suo primo congresso nel 1975 proprio a Firenze.
La ricerca sulla terapia del dolore e il ruolo dell’Italia
Nell’ambito della medicina del dolore, una grande innovazione è avvenuta nella terapia dell’emicrania, che colpisce circa 1,4 miliardi di persone (in pratica 1 persona su 7 nel mondo) e per l’OMS è la principale causa di disabilità al mondo nella fascia di età dai 20 ai 50 anni (in particolare tra le donne), con la scoperta del ruolo fondamentale del CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina) nella genesi del dolore e degli altri sintomi dell’attacco emicranico.
“Nel corso degli anni – ricorda il professor Geppetti – un filone di ricerca iniziato da una scoperta di biologia molecolare nel 1982, e a cui la ricerca italiana ha dato un importante contributo, ha portato alla messa a punto di una serie di terapie anti-emicraniche (quattro anticorpi monoclonali e due piccole molecole orali) che bloccano la via di segnale del GCRP. Sono farmaci molto efficaci e molto sicuri con pochissime reazioni avverse, che quindi stanno radicalmente migliorando la vita dei pazienti emicranici. Tuttavia, per quel numero limitato ma significativo (20-30%) di pazienti resistenti alle attuali terapie anti-CGRP la ricerca procede speditamente con altri bersagli ed obbiettivi terapeutici”. Un altro promettente filone di ricerca, riguardante l’ipersensibilità agli stimoli meccanici, termici e chimici, tipica del dolore cronico, ha identificato un nuovo ruolo per le cellule di Schwann, cioè quelle cellule che avvolgono, nutrono e proteggono i nervi periferici che conducono le sensazioni dolorifiche (nocicettori). Le cellule di Schwann sono, infatti, dei modulatori della sensibilità dei nocicettori, producendo allodinia (uno stimolo innocuo diventa doloroso) ed iperalgesia (uno stimolo doloroso diventa ‘molto’ doloroso) in vari tipi di dolore (es. oncologico, neuropatico, emicranico ed infiammatorio), rendendo quindi queste cellule un bersaglio terapeutico di grande interesse per curare il dolore con efficacia e sicurezza.
Le novità farmacologiche
La terapia farmacologica del dolore, in molti casi si avvale ancora di alcuni farmaci ‘scoperti’ nell’800 come la morfina, il paracetamolo o l’aspirina. A questi, nel corso degli anni se ne sono aggiunti molti altri, sempre più sofisticati, tra i quali alcuni arrivati nelle ultime settimane. Nell’ambito del dolore acuto (in particolare quello post-operatorio), l’ultima novità è rappresentata dalla suzetrigina, il primo analgesico non oppiode approvato dall’FDA negli ultimi vent’anni per questo tipo di dolore. Si tratta di un inibitore selettivo del canale per il sodio, NaV1.8, che agisce sui nocicettori. Oltre ad essere molto efficace, questo farmaco non espone al rischio di dipendenza, invece tipico degli oppiodi. La nuova molecola è adesso al vaglio di nuovi studi di fase 3 per il possibile impiego in altri tipi di dolore, come quello da neuropatie periferiche o da radicolopatie lombo-sacrali.
Sempre per il dolore acuto, un’altra novità è rappresentata dal cebranopadol (un doppio agonista recettoriale MOP e NOP), attualmente oggetto di uno studio di fase 3, nel dolore cronico; l’FDA ha da poco concesso la designazione fast track per il trattamento della lombalgia. Nel campo della fibromialgia, la novità è rappresentata dal riposizionamento di un vecchio farmaco miorilassante, la ciclobenzadrina sublinguale, di recente approvata dall’FDA per il trattamento di questa condizione. Si tratta della prima terapia approvata per la fibromialgia, resa disponibile negli Usa negli ultimi 15 anni. Infine, una delle ultime novità sul fronte della ricerca è rappresentata dalla scoperta del gene SCL45A4, associato al dolore cronico; le persone portatrici di una variante di questo gene hanno una percezione maggiore del dolore. In molte condizioni caratterizzate da dolore cronico, i nocicettori sono iperattivi e inviano eccessivi segnali di dolore al cervello; non è chiaro cosa provochi questo disfunzione che però sembra essere legata ad alterazioni dell’attività delle poliamine, mediatori prodotti dal nostro organismo ed implicati in varie attività fisiopatologiche. La modulazione dell’attività del gene SLC45A4 che codifica per un trasportatore neuronale delle poliamine potrebbe aprire la strada a nuove terapie contro il dolore cronico.
Terapie high-tech per il dolore
Ma la terapia del dolore del terzo millennio non si avvale solo di farmaci: oltre agli stimolatori midollari (neurostimolatori) già utilizzati per la terapia del dolore cronico (soprattutto neuropatico), che non risponde ad altri trattamenti, anche l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e alcuni dispositivi digitali si stanno imponendo sempre più nella lotta contro il dolore.
L’intelligenza artificiale ad esempio consente di elaborare un gran numero di dati derivanti dalle cartelle cliniche o da tecnologie wearable (sensori di vario tipo e tecnologia), permettendo così di formulare diagnosi sempre più precise, monitorare l’andamento clinico ed elaborare percorsi terapeutici personalizzati, che ottimizzano l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti, nell’ottica di una sempre più efficace medicina di precisione. Sono attualmente in corso una serie di studi, molti dei quali supportati dai National Institutes of Health statunitense, sull’impiego della realtà virtuale e sulla modulazione neuromotoria digitale per il trattamento del dolore oncologico. “Questi richiami al ruolo della Intelligenza Artificiale per la terapia del dolore – ricorda il professor Del Prato – rappresentano un’ulteriore integrazione al convegno internazionale ‘Artificial Intelligence in Medicine’, organizzato dalla Fondazione Menarini qualche giorno fa e dedicato appunto alle ricadute in ambito medico
dell’Intelligenza Artificiale e i sistemi di supporto alla decisione clinica (CDSS)”. E anche la bioingegneria sembra trovare sempre maggiore spazio nel trattamento delle sindromi dolorose dell’apparato locomotore, come quelle molto frequenti, a carico dell’anca e del ginocchio. Indossare un esoscheletro consente infatti di alleggerire il carico su queste articolazioni, facendo tornare le persone a camminare senza dolore. L’unico limite, almeno al momento, è rappresentato dai costi di queste apparecchiature.
“Per patologie frequentissime come il ‘mal di schiena’, in campo diagnostico – ricorda il professor Giustino Varrassi – tecnologie come i sensori inerziali indossabili o i sistemi di cattura del movimento tridimensionale (coadiuvati dall’elettromiografia di superficie e dalla modellazione biomeccanica) possono fornire preziose informazioni quantitative sulla postura, sul movimento e sull’attività muscolare. Sul fronte terapeutico, esoscheletri robotici, stimolazione elettrica neuromuscolare, riabilitazione basata sulla realtà virtuale e piattaforme di tele-riabilitazione trovano sempre maggiore spazio nei protocolli di trattamento multimodali integrati. Queste tecnologie portano il trattamento del dolore nella dimensione della medicina di precisione, adattando gli interventi al profilo biomeccanico e funzionale di ogni singolo
paziente. E in futuro, i ‘digital twins’ consentiranno infine di effettuare simulazioni di trattamenti personalizzati, valutandone e prevedendone i possibili risultati”.
Alcuni dei temi in programma al congresso ‘Pain Medicine’
I professori Anthony Dickenson e Andrew Rice nelle loro letture ricorderanno come in questi ultimi 50 anni la comprensione dei meccanismi di trasmissione delle informazioni sul dolore, dalla periferia al centro e viceversa, si sia evoluta e cosa resti ancora da capire. Possiamo immaginare il nostro sistema nervoso come un sistema informatico nel quale il cervello rappresenta il server centrale, connesso con le varie periferiche. Il professor Frank Porreca ci guiderà invece nelle pieghe dei significativi dimorfismi legati al sesso, che influenzano in modo sostanziale la percezione del dolore (i nocicettori, cellule nervose specializzate nella percezione del dolore sono diversi negli uomini e nelle donne e questo potrebbe portare ad un trattamento ‘gender-specific’ del dolore). Il professor Nigel Bunnett affronterà il tema dei fini meccanismi intracellulari che nei nocicettori e nelle cellule di Schwann producono e modulano il segnale dolorifico, offrendo così un panorama completamente
nuovo per l’identificazione di innovativi bersagli terapeutici. Molto importante è anche il complesso rapporto tra sistema immunitario e dolore; il sistema immunitario gioca un ruolo centrale nell’iniziare, mantenere e risolvere il dolore. Le cellule immunitarie interferiscono con i nocicettori che, se danneggiati, rilasciano sostanze in grado di attivare le cellule immunitarie. Queste a loro volta rilasciano citochine e altri mediatori dell’infiammazione, che sensibilizzano i nervi e provocano infiammazione la quale, a sua volta, contribuisce al dolore sia acuto che cronico. Le cellule immunitarie possono tuttavia rilasciare anche fattori anti-infiammatori e peptidi oppioidi che ‘spengono’ il dolore. Questi temi di frontiera saranno oggetto delle relazioni di due super esperti dell’argomento, la professoressa Marzia Malcangio e il professor Patrick Ernfors.
Infine, due ricercatori Italiani, Luana Colloca e Michele Curatolo, attualmente impegnati presso laboratori di ricerca americani, tratteranno il tema della realtà virtuale, con tutte le implicazioni che può avere nella medicina del dolore, e di come la trascrittomica (l’analisi dell’espressione dei geni) e la metabolomica (lo studio dei prodotti metabolici) possano aiutarci nella comprensione dei percorsi biologici e nell’individuazione di potenziali biomarcatori per la diagnosi o possibili target terapeutici nel dolore cronico. Tra gli esperti presenti a Firenze, anche John Loeser, pioniere mondiale degli studi sul dolore e sui suoi trattamenti. Il congresso ‘Pain Medicine, a long journey’ ha ricevuto il patrocinio della Regione Toscana e del Comune di Firenze e l’endorsement di AISD (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore), ASEAPS (Association of Southeast Asian Pain Societies), EFIC (European Pain Federation), Fedelat (Federacion Latinoamericana de Asociaciones para el estudio del Dolor), FPP Fondazione Paolo Procacci, IASP (International Association for the Study of Pain) e PAS (the Pain Association of Singapore).