Un gene dei centenari protegge il cuore nella progeria, rara malattia di invecchiamento precoce

Milano, 1° ottobre 2025 – Un team internazionale di ricercatori ha dimostrato che la variante genetica LAV-BPIFB4 associata alla longevità, individuata nei centenari, protegge il cuore e i vasi sanguigni nella sindrome di Hutchinson-Gilford, nota anche come progeria, una rarissima malattia genetica che provoca un invecchiamento precoce e porta i pazienti a morire in giovane età. La scoperta arriva da uno studio appena pubblicato sulla rivista Signal Transduction and Targeted Therapy[1], coordinato dal professor Annibale Puca dell’IRCCS MultiMedica di Milano e dal professor Paolo Madeddu dell’Università di Bristol, finanziato dal Medical Research Council (MRC) del Regno Unito e dal Ministero della Salute italiano.

La sindrome di Hutchinson-Gilford è causata da una mutazione del gene LMNA, che determina la produzione di una proteina tossica, la progerina, capace di compromettere l’integrità del nucleo cellulare e accelerare il processo di invecchiamento. I pazienti colpiti vivono in media solo fino ai 14-15 anni, principalmente a causa di gravi complicanze cardiovascolari. L’eccezionale caso di Sammy Basso, che ha raggiunto i 28 anni, ha riportato l’attenzione su questa patologia rarissima.

Ad oggi, non esistono cure risolutive: l’unico farmaco approvato, il Lonafarnib, riduce la sintesi e l’accumulo di progerina, mentre un secondo, il Progerinin, è attualmente in fase di sperimentazione clinica per ridurne gli effetti dannosi sulle cellule.

Il nuovo studio, condotto su modelli animali e cellule di pazienti, apre nuove prospettive terapeutiche. I ricercatori hanno dimostrato che il gene LAV-BPIFB4, identificato nel codice genetico dei centenari e già noto per i suoi effetti protettivi su cuore e vasi sanguigni, può contrastare i danni cardiovascolari e ridurre i segni di invecchiamento anche in questi modelli.

Nei topi affetti dalla patologia, la somministrazione della variante protettiva LAV-BPIFB4 tramite terapia genica ha migliorato la funzione diastolica e la vascolarizzazione cardiaca, ridotto la fibrosi perivascolare e l’invecchiamento cellulare nei tessuti cardiaco ed epatico, favorendo inoltre il recupero del peso corporeo.

Alcuni di questi promettenti risultati sono stati osservati anche su cellule umane”, spiega Monica Cattaneo, ricercatrice dell’IRCCS MultiMedica. “Gli esperimenti sui fibroblasti del derma di pazienti con progeria hanno evidenziato che queste cellule, oltre a presentare elevati segni di fibrosi e senescenza (tipici indicatori di invecchiamento cellulare), mostrano bassi livelli della proteina BPIFB4, ad indicare un coinvolgimento della proteina nella patologia. L’introduzione della variante protettiva LAV-BPIFB4 ha ridotto significativamente queste anomalie, rafforzando la possibilita’ di traslare questo approccio terapeutico anche nell’uomo”.

Si tratta del primo studio che indica come un gene associato alla longevità possa contrastare i danni cardiovascolari della progeria”, commenta il professor Annibale Puca, Research Group Leader presso l’IRCCS MultiMedica e Preside della Facoltà di Medicina all’Università di Salerno. “I risultati aprono la strada a nuove strategie di trattamento per questa rara malattia, che ha urgenza di farmaci cardiovascolari innovativi, in grado di migliorare sia la sopravvivenza a lungo termine sia la qualità della vita dei pazienti. In prospettiva, la somministrazione del gene LAV-BPIFB4 attraverso terapia genica potrebbe essere sostituita e/o affiancata da nuovi metodi di trasferimento a base di proteina o RNA. Attualmente stiamo conducendo numerosi studi per investigare il potenziale della LAV-BPIFB4 nel contrastare il deterioramento dei sistemi cardiovascolare e immunitario in diverse condizioni patologiche, con l’obiettivo di trasformare questi risultati sperimentali in un nuovo farmaco biologico”.

Il professor Paolo Madeddu, professore emerito dell’Universita’ di Bristol aggiunge: “Grazie alla collaborazione tra due gruppi multidisciplinari, lo studio mostra per la prima volta che due geni con funzioni opposte nell’invecchiamento possono stabilire interazioni molecolari in grado di attenuarne i segni patologici. Questa scoperta apre a prospettive scientifiche e cliniche di grande rilievo: i geni protettivi dei centenari, tramite espressione forzata o somministrazione delle relative proteine, potrebbero costituire un “cocktail terapeutico” contro l’invecchiamento precoce. A differenza di altri approcci che mirano a correggere specifiche alterazioni geniche, questo strumento terapeutico potrebbe portare a un rapido sviluppo di nuovi prodotti biologici ad ampio spettro, basati sulla ‘saggezza’ del genoma dei centenari.

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[1] Yan Qiu, Monica Cattaneo, Anna Maciag, Annibale A Puca, Paolo Madeddu, “A longevity-associated variant of the human BPIFB4 gene prevents diastolic dysfunction in progeria mice”, Signal Transduction and Targeted Therapy 10, 314 (2025). https://doi.org/10.1038/s41392-025-02416-3.