atezolizumab – dati aggiornati su terapia carcinoma epatocellulare presentati Gastrointestinal Cancers Symposium – 2021 organizzato dall’American Society of Clinical Oncology

Roche presenta i dati aggiornati che confermano come atezolizumab in combinazione con bevacizumab migliori in modo sostanziale la sopravvivenza globale nei pazienti con la forma più comune di cancro al fegato

  • Atezolizumab (Tecentriq) in combinazione con bevacizumab (Avastin) fornisce la più lunga sopravvivenza globale osservata in uno studio di Fase III in prima linea nel carcinoma epatocellulare non resecabile (HCC)
  • Il cancro al fegato è il sesto cancro più comune e nel 2020 è stato la terza causa di morti oncologiche nel mondo
  • I risultati sono stati presentati al Gastrointestinal Cancers Symposium – 2021 organizzato dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO), dal 15 al 17 gennaio 2021

Monza18 gennaio 2021 – Roche (SIX: RO, ROG; OTCQX: RHHBY) ha presentato in occasione del Gastrointestinal Cancers Symposium – 2021 organizzato dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO) i dati aggiornati sulla sopravvivenza globale dello studio di Fase III IMbrave150 che valuta atezolizumab in combinazione con bevacizumab, rispetto al sorafenib, in pazienti affetti da carcinoma epatocellulare non resecabile (HCC) che non hanno ricevuto una precedente terapia sistemica.

Dopo un follow-up mediano di 15,6 mesi, un’analisi aggiornata ha mostrato che atezolizumab in combinazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di morte (sopravvivenza globale; OS) del 34%, con una OS mediana di 19,2 mesi, rispetto a 13,4 mesi per il sorafenib (hazard ratio [HR]=0,66; 95% CI: 0,52-0,85). I risultati aggiornati dell’OS, insieme ai risultati di Progression Free Survival (PFS) e Objective Response Rate (ORR) sono stati coerenti con quelli dell’analisi primaria e supportano l’uso della combinazione nell’ HCC. I dati di sicurezza per atezolizumab e bevacizumab sono stati coerenti con i profili di sicurezza noti di ogni singolo farmaco, senza che siano stati identificati nuovi segnali di sicurezza.

Questi dati sono stati presentati nella “Rapid Abstract Session: Hepatobiliary Cancer, Neuroendocrine/Carcinoid, Pancreatic Cancer, and Small Bowel Cancer del Gastrointestinal Cancers Symposium” domenica 17 gennaio.

“Atezolizumab in combinazione con bevacizumab, come dimostrato dall’aggiornamento dei dati dallo studio IMbrave150, rappresenta un’importante opzione di trattamento per i pazienti che vivono con carcinoma epatocellulare non resecabile e  fornisce la più lunga sopravvivenza globale osservata in uno studio di Fase III in prima linea per questa patologia – ha dichiarato la Professoressa Lorenza Rimassa, Professore Associato di Oncologia medica presso Humanitas University e Vice Responsabile dell’Unità di Oncologia Medica presso l’IRCCS Humanitas Research Hospital di Milano – si tratta di dati estremamente incoraggianti poiché sottolineano la maggiore efficacia e tollerabilità rispetto alle terapie standard, aspetto che potrà incidere in maniera significativa sulla qualità della vita dei pazienti. Questa opzione di trattamento inoltre apre la strada a un approccio che preveda in misura sempre maggiore il coinvolgimento di clinici con competenze differenti al fine di trattare i pazienti in maniera sistemica”.

Atezolizumab in combinazione con bevacizumab è ora approvato in molti Paesi, inclusi gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e l’UE, per i pazienti con HCC non resecabile ed è raccomandato in molte linee guida di pratica clinica a livello globale.

“I dati aggiornati relativi allo studio IMbrave150, presentati nel corso del Gastrointestinal Cancers Symposium – 2021 organizzato dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO) sottolineano un importante avanzamento in termini metodologici, poiché consentono ai clinici di avere informazioni di follow-up a lungo termine su efficacia e tollerabilità, dunque su un arco temporale più lungo rispetto all’istantanea fornita generalmente nei trial – ha dichiarato il Prof. Calogero Cammà, Professore Ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Palermo e Direttore della Scuola di Specializzazione – I dati relativi allo studio mettono in risalto un cambio di paradigma in termini di beneficio ed efficacia rispetto alle terapie standard: come dimostrato dai dati dello studio IMbrave150 infatti l’immunoterapia in prima linea in combinazione consente quasi di raddoppiare rispetto al passato la mediana di sopravvivenza, portandola a 19,2 mesi. Inoltre, è importante sottolineare come in termini di tollerabilità non siano stati riportati segnali di allarme, e questo rappresenta un auspicio incoraggiante rispetto ad un potenziale miglioramento in termini di qualità della vita dei pazienti”.

Roche è impegnata a combattere i disordini del fegato in tutto il percorso della malattia, dalle prime fasi fino alla malattia avanzata, con l’obiettivo finale di fermare un giorno le patologie croniche del fegato. Un impegno che vede coinvolta non solo Roche Pharma sin dagli anni 90 con farmaci per le epatiti e oggi lo sviluppo di nuovi farmaci come atezolizumab, ma anche Roche Diagnostics con test immunometrici volti a migliorare la diagnosi precoce di epatocarcinoma e Roche Diabetes Care che da anni promuove, attraverso i propri portali rivolti ai pazienti diabetici, informazioni su corretti stili di vita e alimentazione, al fine di prevenire lo sviluppo di patologie epatiche quali cirrosi e fibrosi, che ledono la funzionalità d’organo e possono provocare gravi conseguenze, fino allo sviluppo di carcinomi epatici. (ref: https://www.dovepress.com/type-2-diabetes-mellitus-increases-the-risk-of-hepatocellular-carcinom-peer-reviewed-article-CMAR)

Aggiornamento sui dati di sopravvivenza globale (OS), sopravvivenza libera da progressione (PFS), risposta e durata della risposta
Risultati globali
Atezolizumab+Bevacizumab (n=336) Sorafenib (n=165)
OS mediana (95% CI), mesi

19,2

(17,0–23,7)

13,4

(11,4–16,9)

OS, HR

(95% CI)

0.66

(0.52–0.85)

Atezolizumab+Bevacizumab (n=336) Sorafenib (n=165)
PFS mediana (95% CI), mesi

6,9

(5,7–8,6)

4,3

(4,0–5,6)

PFS, HR

(95% CI)

0.65

(0.53–0.81)

Atezolizumab+Bevacizumab (n=326) Sorafenib (n=159)
ORR Confermata (95% CI) (%)

30%

(25–35)

11%

(7–17)

CR, n (%) 25 (8%) 1 (< 1%)
PR, n (%) 72 (22%) 17 (11%)
SD, n (%) 144 (44%) 69 (43%)
Risposte Ongoing, n (%) 54 (56%) 5 (28%)
Atezolizumab+Bevacizumab (n=97) Sorafenib (n=18)
DOR Media (95% CI), mo

18,1

(14,6, NE)

14,9

(4,9–17,0)

PFS e tutti i dati di risposta sono riportati per RECIST v1.1 valutati  da un comitato di revisione indipendente.

Follow-up mediano: 15.6 months.

CR, complete response; DOR, duration of response; HR, hazard ratio; NE, not estimable; ORR, objective response rate; OS, overall survival; PFS, progression free response; PR, partial response; SD, stable disease.Vedi sotto per i dati di OS dell’analisi primaria

Lo studio IMbrave150

IMbrave150 è uno studio globale di Fase III, multicentrico, open-label, che ha incluso 501 pazienti con HCC non resecabile che non avevano ricevuto in precedenza una terapia sistemica. I pazienti sono stati randomizzati 2:1 per ricevere la combinazione di atezolizumab e bevacizumab o sorafenib. Atezolizumab è stato somministrato per via endovenosa (IV), 1200mg il primo giorno di ogni ciclo di 21 giorni e bevacizumab è stato somministrato per via endovenosa, 15mg/kg il primo giorno di ogni ciclo di 21 giorni. Sorafenib è stato somministrato per via orale, 400mg due volte al giorno, nei giorni 1-21 di ogni ciclo di 21 giorni. I pazienti hanno ricevuto la combinazione o il trattamento del braccio di controllo fino alla progressione della malattia o ad una tossicità inaccettabile. I due endpoint primari sono stati l’OS e la PFS valutata da un comitato di revisione indipendente (IRF), secondo i Criteri di Valutazione della Risposta dei Tumori Solidi nella versione 1.1 (RECIST v1.1). Ulteriori endpoint dello studio includevano il tasso di risposta globale valutato dall’IRF (ORR) per RECIST v1.1 e per HCC mRECIST.

L’analisi primaria dello studio IMbrave 150 ha mostrato che dopo un periodo di follow-up di 8,6 mesi, atezolizumab in combinazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di morte (sopravvivenza globale, in inglese overall survival [OS]) del 42% (hazard ratio [HR]=0.58; 95% CI: 0.42–0.79; p=0,0006)

 Carcinoma epatocellulare (HCC)

L’HCC (Hepatocellular carcinoma – carcinoma epatocellulare) è un cancro aggressivo con limitate opzioni di trattamento, ed è una delle principali cause di morti oncologiche in tutto il mondo.1 Ogni anno, più di 815.000 persone in tutto il mondo ricevono una diagnosi di carcinoma epatocellulare,1,2 con la maggior parte dei casi in Asia, e quasi la metà dei casi in Cina.2,3 Negli Stati Uniti il numero di casi dal 1980 ad oggi è più che triplicato, e rappresenta la causa di morte per malattia oncologica in più rapida crescita, mentre in Europa il cancro al fegato sta comunque aumentando, con circa 87.000 nuove diagnosi e 78.000 morti nel 2020.4-7 Secondo i dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori (AIRTUM) 2020, nel 2020 sono attese circa 13.000 nuove diagnosi di tumore al fegato9 di cui 75-85% HCC10, con 7800 decessi. L’HCC si sviluppa prevalentemente in persone che soffrono di cirrosi a causa di epatite cronica (B o C) o di abuso di alcool e tipicamente si manifesta in stadi ormai avanzati.1 La prognosi per le forme non resecabili di HCC è infausta, con poche opzioni di trattamento sistemico e il tasso di sopravvivenza ad un anno minore del 50% dal momento della diagnosi della forma avanzata.8

La combinazione di atezolizumab e bevacizumab

Esiste un forte razionale scientifico a sostegno dell’uso combinato di atezolizumab e bevacizumab. Il regime basato su atezolizumab e bevacizumab può aumentare il potenziale del sistema immunitario atto a combattere il tumore. Bevacizumab, oltre ai suoi noti effetti antiangiogenici, può migliorare ulteriormente la capacità di atezolizumab di ripristinare l’immunità anti-cancro, inibendo l’immunosoppressione legata al fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), promuovendo l’infiltrazione delle cellule T nel tumore e consentendo il priming e l’attivazione delle risposte delle cellule T contro gli antigeni tumorali.

 Atezolizumab

Atezolizumab è un anticorpo monoclonale progettato per legarsi con una proteina chiamata PD-L1, che si esprime sulle cellule tumorali e sulle cellule immunitarie che si infiltrano nel tumore, bloccando le sue interazioni sia con i recettori PD-1 che con i recettori B7.1. Inibendo PD-L1, atezolizumab può consentire l’attivazione delle cellule T. Atezolizumab è un’immunoterapia antitumorale che ha il potenziale per essere utilizzata come partner di base per la combinazione con altre immunoterapie, farmaci mirati e varie chemioterapie in un’ampia gamma di tumori. Lo sviluppo di atezolizumab e del suo programma clinico si basa sulla nostra maggiore comprensione di come il sistema immunitario interagisce con i tumori e di come con lo sfruttare il sistema immunitario di un paziente si combatte il cancro in modo più efficace.

Atezolizumab è approvato negli Stati Uniti, nell’UE e nei paesi di tutto il mondo, in monoterapia o in combinazione con terapie mirate e/o chemioterapie in varie forme di tumore polmonare non a piccole cellule, tumore polmonare a piccole cellule, alcuni tipi di tumore uroteliale metastatico, nel carcinoma mammario triplo negativo metastatico PD-L1-positivo e nel il carcinoma epatocellulare.

 Bevacizumab

Bevacizumab è un farmaco per infusione endovenosa su prescrizione medica. È un anticorpo monoclonale biologico progettato per legarsi specificamente a una proteina chiamata VEGF che svolge un ruolo importante durante tutto il ciclo di vita del tumore per sviluppare e mantenere i vasi sanguigni, un processo noto come angiogenesi. Bevacizumab è progettato per interferire con l’apporto di sangue al tumore, legandosi direttamente alla proteina VEGF per prevenire le sue interazioni con i recettori sulle cellule dei vasi sanguigni. Si ritiene che l’apporto di sangue al tumore sia fondamentale per la capacità del tumore di crescere e diffondersi nell’organismo (metastasi).

References

[1] Llovet JM et al. Hepatocellular carcinoma. Nat Rev Dis Primers. 2016;2:16018.

[2] World Health Organisation. Globocan 2020 – Liver cancer factsheet. [Internet; cited 2020 December] Available from: http://gco.iarc.fr/today/data/factsheets/cancers/11-Liver-fact-sheet.pdf.

[3] World Health Organisation. Globocan 2020 – China factsheet. [Internet; cited 2020 December] Available from: http://gco.iarc.fr/today/data/factsheets/populations/160-china-fact-sheets.pdf.

[4] American Cancer Society. Key statistics about liver cancer. [Internet; cited 2020 October] Available from: https://www.cancer.org/cancer/liver-cancer/about/what-is-key-statistics.html.

[5] Rawla P et al. Update in global trends and aetiology of hepatocellular carcinoma. Contemp Oncol (Pozn). 2018;22(3):141-150.

[6] Pimpin L et al. Burden of liver disease in Europe: Epidemiology and Analysis of Risk Factors to Identify Prevention Policies. J Hepatol. 2018;69(3):718-735.

[7] World Health Organisation. Globocan 2020 – Europe factsheet. [Internet; cited 2020 December] Available from: https://gco.iarc.fr/today/data/factsheets/populations/908-europe-fact-sheets.pdf.

[8] Giannini EG et al. Prognosis of Untreated Hepatocellular Carcinoma. Hepatology. 2015;61(1):184-190.

[9] Pinto C. e AIRTUM Working Group Fegato AIRTUM I numeri del Cancro in Italia 2020 pages 41 42

[10] Bray F. et al. Global cancer statistics 2018: GLOBOCAN estimates of incidence and mortality worldwide for 36 cancers in 185 countries CA: Cancer J Clin. 2018;68:394 424

 

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