Intitolato alla ricercatrice recentemente scomparsa che ha scoperto il primo gene coinvolto dell’autofagia dei mammiferi, il premio riconosce il contributo di Ballabio alla comprensione dei meccanismi alla base dello smaltimento dei rifiuti cellulari
Napoli, 16 giugno 2025 – Il Southwestern Medical Center dell’Università del Texas ha assegnato il Beth Levine Prize in Autophagy Research ad Andrea Ballabio, fondatore ed ex direttore dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM) di Pozzuoli e professore di Genetica Medica all’Università Federico II di Napoli. Il riconoscimento, che prevede un premio di 20.000 dollari, celebra le sue scoperte pionieristiche sui meccanismi cellulari alla base dell’autofagia e dei lisosomi, fondamentali nella comprensione e nel trattamento di molte malattie genetiche rare, neurodegenerative e tumorali.
Il premio è intitolato alla memoria di Beth Levine, scienziata statunitense di fama internazionale scomparsa nel 2020, nota per aver scoperto il primo gene dei mammiferi coinvolto nell’autofagia: il processo con cui le cellule degradano e riciclano le proprie componenti danneggiate per mantenersi in salute. Levine è stata un punto di riferimento per l’intera comunità scientifica e una figura di grande ispirazione per Ballabio, con cui condivideva non solo l’ambito di ricerca, ma anche una solida stima reciproca e un legame personale nato in occasione di numerosi congressi internazionali. Fu proprio lei, durante un simposio in Giappone al quale era presente anche Yoshinori Ohsumi (futuro Premio Nobel per la Medicina nel 2016 proprio per aver descritto per primo l’autofagia), a proporre a Ballabio di co-fondare CASMA Therapeutics, un’azienda biotech dedicata allo sviluppo di terapie innovative basate sulla modulazione di questo fondamentale processo biologico.
Il premio arriva in una data particolarmente simbolica: il 16 giugno, lo stesso giorno in cui Beth Levine si spense nel 2020 dopo una lunga malattia. «Beth era una scienziata brillante, determinata, capace di continuare a lavorare anche nei momenti più difficili – ricordo ancora quando, durante una conferenza in Italia, si sentì male nella notte e la portammo d’urgenza in un piccolo ospedale tra le montagne della Toscana. Era molto provata, ma non rinunciò mai al suo impegno per la scienza. È un onore ricevere oggi un premio che porta il suo nome» ha dichiarato Ballabio.
La carriera scientifica di Ballabio è da sempre focalizzata sullo studio delle malattie da accumulo lisosomiale, patologie genetiche progressive che colpiscono in particolare il sistema nervoso centrale e causano gravi disabilità nei bambini. All’inizio del suo percorso, i lisosomi erano considerati semplicemente dei “cestini dei rifiuti” cellulari: Ballabio ha rivoluzionato questa visione, dimostrando che i lisosomi sono delle stazioni dinamiche che controllano il metabolismo cellulare, capaci di adattare le proprie funzioni in risposta alle condizioni ambientali della cellula.
Nel 2009, insieme al suo team, ha scoperto che la proteina TFEB (Transcription Factor EB) è un “gene master” che controlla l’espressione coordinata di centinaia di geni coinvolti nella funzione lisosomiale e nell’autofagia. TFEB non solo stimola la produzione di lisosomi e autofagosomi (gli organelli che trasportano i rifiuti cellulari ai lisosomi), ma risponde anche ai segnali metabolici della cellula grazie all’interazione con mTOR, un altro complesso proteico che regola l’equilibrio tra anabolismo e catabolismo. In condizioni di abbondanza, mTOR spegne TFEB; in situazioni di carenza, come nel digiuno, TFEB si attiva e promuove l’autofagia.
Queste scoperte hanno avuto un impatto profondo nella biologia cellulare e sono oggi alla base di numerose linee di ricerca applicata. Il sistema lisosoma-autofagia è coinvolto in oltre 50 malattie genetiche rare, ma anche in patologie molto più comuni come Alzheimer, Parkinson e alcuni tipi di tumore, nei quali il sistema può funzionare in eccesso o in difetto. Il laboratorio di Ballabio, così come diverse aziende biotech (tra cui CASMA Therapeutics), è impegnato nello sviluppo di strategie farmacologiche per modulare l’attività di TFEB in modo controllato, con l’obiettivo di attivare o inibire il sistema solo quando necessario, riducendo così gli effetti collaterali.
«Stiamo ancora lavorando in fase preclinica, ma i risultati sui modelli animali sono promettenti. L’obiettivo è creare terapie precise, capaci di accendere e spegnere il sistema autofagico come un interruttore – spiega Ballabio. Il nostro sogno è che un giorno si possano curare malattie devastanti attraverso l’attivazione di un processo che è in realtà naturale, ma che in alcune condizioni patologiche diventa disfunzionale. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il costante supporto della Fondazione Telethon e senza il lavoro di tutti i fantastici giovani ricercatori che hanno lavorato con me per tutti questi anni: con la loro intelligenza, entusiasmo e dedizione, abbiamo realizzato eccitanti e rivoluzionarie scoperte scientifiche».
La UT Southwestern ha istituito il Beth Levine Prize in Autophagy Research nel 2023 per onorare l’eredità scientifica della dottoressa Levine, membro della National Academy of Sciences e scienziata dell’Howard Hughes Medical Institute. Il premio, alla sua seconda edizione, viene conferito ogni due anni a ricercatori che, come Ballabio, hanno apportato contributi fondamentali alla comprensione dell’autofagia e delle sue implicazioni nella salute umana.