TUMORE DEL RENE: “3.600 NUOVI CASI OGNI ANNO NEGLI UOMINI DOVUTI AL FUMO UNA TERAPIA MIRATA INNOVATIVA MIGLIORA LA QUALITÀ DI VITA DEI PAZIENTI”

A Milano presentati i risultati su una molecola a bersaglio molecolare approvata in Europa

Il 40% delle diagnosi nei maschi è causato dalle sigarette (il 25% nelle donne). Da oggi tivozanib è disponibile anche nel nostro Paese grazie al programma di uso terapeutico. Importanti i benefici: permette di condurre una vita “normale”. In 13 anni armi rivoluzionarie hanno triplicato la sopravvivenza nella fase avanzata

Milano, 20 luglio 2018 – Ogni anno in Italia 3.600 nuove diagnosi di tumore del rene negli uomini (il 40% del totale in questa popolazione) sono dovute al fumo di sigaretta. A questo vizio è riconducibile una percentuale inferiore ma significativa anche fra le donne, pari al 25%, cioè a 1.150 casi. E i tabagisti presentano un rischio del 50% più elevato di sviluppare la più diffusa forma di tumore rene, il carcinoma a cellule renali, rispetto a coloro che non hanno mai fumato. Per i pazienti colpiti dalla malattia in fase avanzata da oggi è disponibile una terapia mirata innovativa, tivozanib, in grado di migliorare la qualità di vita grazie a un ottimo profilo di tollerabilità. Alle nuove strategie nella lotta contro questa neoplasia è dedicato un incontro con i giornalisti oggi a Milano. Nel 2017 sono state stimate 13.600 nuove diagnosi in Italia (9.000 uomini e 4.600 donne). “Tivozanib appartiene a una classe di farmaci a bersaglio molecolare che hanno la capacità di colpire obiettivi cellulari precisi e impedire la crescita del cancro – spiega il prof. Camillo Porta dell’Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Policlinico ‘San Matteo’ di Pavia -. Questa molecola è caratterizzata da un’elevata selettività d’azione, è molto potente e svolge un’azione antiangiogenica, agisce cioè sui vasi sanguigni che nutrono i tessuti tumorali inibendone la crescita e affamando il tumore. In attesa che venga finalizzato nei prossimi mesi l’iter per la rimborsabilità della molecola con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), da luglio è partito il ‘Programma di Uso Terapeutico Tivozanib (Expanded Access Program) per il carcinoma a cellule renali (RCC)’ che consente ai pazienti del nostro Paese di accedere in prima linea a questa terapia innovativa. Sappiamo che servono circa due anni perché un farmaco approvato in Europa sia disponibile nel nostro Paese, per cui la decisione di avviare il programma di uso terapeutico è molto importante”. L’agenzia regolatoria europea (EMA), ad agosto 2017, ha approvato tivozanib in prima linea nel carcinoma a cellule renali avanzato in base ai risultati dello studio di fase III TiVO-1 che ha coinvolto 517 pazienti di 76 centri in 15 Paesi. Lo studio ha evidenziato una sopravvivenza libera da progressione mediana con tivozanib di 11,9 mesi rispetto ai 9,1 mesi raggiunti con un’altra terapia mirata (sorafenib). “Il carcinoma a cellule renali rappresenta circa l’85% del totale dei casi – continua il prof. Porta -. L’alto profilo di tollerabilità di tivozanib è dimostrato dal fatto che solo il 14% dei pazienti, rispetto al 43% con sorafenib, ha richiesto una riduzione della dose a causa degli effetti collaterali. Le persone trattate con questa nuova terapia possono condurre una vita ‘normale’, si tratta di un importante beneficio”.
“I sintomi della malattia non sono specifici e possono essere sottovalutati o confusi con altre condizioni come la calcolosi renale – sottolinea il prof. Giuseppe Procopio, responsabile dell’Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Quando presenti, i segnali più frequenti sono rappresentati da ematuria, cioè dalla presenza di sangue nelle urine, da dolore sordo al fianco o dalla presenza di una massa palpabile nella cavità addominale a livello del fianco. Il 60% delle diagnosi avviene infatti casualmente, come diretta conseguenza dell’impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico. Nel cancro del rene la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci. Pertanto la disponibilità di nuove armi con un impatto positivo sulla qualità di vita potrà migliorare in maniera significativa la capacità di gestione complessiva di questa neoplasia. Inoltre la collaborazione multidisciplinare tra chirurghi, urologi, oncologi medici e radioterapisti, anatomopatologi, psicologi e medici nucleari non deve essere più un’opzione ma un obbligo. Da una medicina basata sul singolo specialista si deve arrivare alla scelta della migliore terapia attraverso l’analisi e il confronto di più professionisti”. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari al 71% (70% uomini e 72% donne), statisticamente più elevata della media europea (60,6%) e del Nord Europa (55,8%).
Circa il 30% dei pazienti arriva alla diagnosi in stadio avanzato e in un terzo la malattia si sviluppa nella forma metastatica dopo l’intervento chirurgico con limitate possibilità di trattamento. I principali siti metastatici riguardano polmoni, fegato, ossa e cervello. Quindi solo il 30% dei casi guarisce grazie alla sola chirurgia. Oltre al fumo, tra i principali fattori di rischio vanno ricordati il sovrappeso e l’obesità (all’eccesso ponderale è attribuito circa un quarto dei casi), l’ipertensione arteriosa (associata a un incremento del 60% delle probabilità rispetto ai normotesi) e l’esposizione professionale a sostanze tossiche.
“La rivoluzione nel trattamento del tumore del rene è iniziata nel 2005 – afferma il prof. Procopio -. Tredici anni fa, le terapie per i pazienti colpiti dalla forma metastatica erano molto scarse, oggi abbiamo a disposizione 13 farmaci attivi che includono terapie mirate e immunoterapiche. Si tratta di un enorme passo in avanti che ha permesso di triplicare la sopravvivenza a 5 anni nella malattia metastatica, passando dal 10% a oltre il 30%. In particolare l’introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi, in seguito alla scoperta di una peculiarità del carcinoma a cellule renali metastatico, cioè della sua particolare propensione a indurre vasi neoformati, ha profondamente cambiato le prospettive di cura. L’obiettivo è rendere cronica la malattia garantendo una buona qualità di vita”. Un risultato sempre più vicino, visto che oggi nel nostro Paese vivono circa 130mila persone dopo la diagnosi, con un incremento del 31% rispetto al 2010.
“EUSA Pharma è una multinazionale in rapidissima crescita e totalmente dedicata ad offrire terapie innovative particolarmente nel campo delle malattie rare ed in oncoematologia a persone che si trovano a dover affrontare una malattia complessa come il cancro – conclude il dott. Bruno Rago, Direttore Generale ed Amministratore Delegato di EUSA Pharma -. Il bisogno terapeutico dei pazienti affetti da tumore del rene metastatico è ancora largamente insoddisfatto. Per questo, vogliamo collaborare con le società scientifiche e con le Associazioni di Pazienti per promuovere la cultura e la sensibilizzazione verso questa neoplasia”
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IL TUMORE DEL RENE

Che cos’è

Il cancro del rene origina dalla proliferazione incontrollata delle cellule che rivestono l’interno delle formazioni tubulari che si trovano nei reni e che hanno il compito di filtrare il sangue. Talvolta può svilupparsi anche da altri tessuti o dalla capsula che riveste esternamente i reni.

Di solito il tumore è localizzato a un solo rene, sono meno frequenti i casi in cui interessa ambedue gli organi. Per quanto concerne le caratteristiche istologiche, circa l’85% dei casi è classificabile come carcinoma a cellule renali. Vi sono poi altre neoplasie renali più rare, quali i linfomi e i sarcomi, che rappresentano, però, tumori del tutto a parte.

Il carcinoma a cellule renali comprende una serie di sottotipi identificati attraverso lo studio delle cellule al microscopio, il più comune dei quali è quello a cellule chiare (70-80% dei casi).

Meno comuni sono i sottotipi papillare (o cromofilo, 10-15% dei casi), cromofobo (5%), dei dotti collettori e sarcomatoide.

Fattori di rischio

A tutt’oggi non è possibile prevenire direttamente il tumore del rene. Sono stati però identificati alcuni fattori di rischio: conoscerli aiuta a compiere scelte di vita consapevoli per ridurre la probabilità di ammalarsi.

In particolare, si può sicuramente agire su stili di vita e abitudini personali (es. fumo di sigaretta, sedentarietà) che sono potenzialmente modificabili da parte del singolo individuo con cambiamenti comportamentali.

  • Fumo: al fumo di sigaretta è attribuibile circa il 40% dei casi nei maschi. I fumatori presentano un rischio del 50% più elevato di sviluppare un tumore del parenchima renale rispetto a coloro che non hanno mai fumato. Per i tumori della pelvi la relazione è ancora più forte: i fumatori hanno un rischio tre volte più elevato e proporzionale al numero di sigarette fumate ogni giorno e agli anni di esposizione. Interrompere l’abitudine al fumo riduce le probabilità di sviluppare la malattia, anche se dopo un periodo di cessazione relativamente lungo (superiore a 10 anni).

  • Sovrappeso e obesità: tra i rischi legati alle caratteristiche personali, i principali sono stati individuati nel sovrappeso e nell’obesità (particolarmente nel sesso femminile e probabilmente attraverso il ruolo degli estrogeni). Al sovrappeso è attribuito circa un quarto dei casi in Europa. È stato stimato un incremento del rischio pari al 24% negli uomini e al 34% nelle donne per ogni aumento di 5 punti dell’indice di massa corporea (BMI). Il sovrappeso spiega anche una quota importante dell’eccesso di rischio nei pazienti diabetici.

  • Esposizione professionale a sostanze tossiche: alcune professioni (lavorare agli altoforni oppure ai forni a coke, nelle industrie del carbone e dell’acciaio) espongono a sostanze potenzialmente cancerogene. Anche l’uso di alcuni materiali industriali (cadmio, amianto e piombo utilizzati per la composizione delle vernici) è correlato con l’origine della malattia.

  • Ipertensione arteriosa: è associata a un incremento del 60% delle probabilità rispetto ai normotesi.

Un’aumentata incidenza di tumori renali è osservabile anche nei pazienti in dialisi e nelle persone sottoposte a trapianto di rene. Le radiazioni ionizzanti (gamma e X) sono cancerogene per il parenchima renale.

Vi sono poi alcune malattie ereditarie tra cui la sindrome di Von Hippel Lindau (VHL) associate a un alto rischio d’insorgenza del cancro del rene. Altre forme ereditarie sono il carcinoma renale ereditario, che può comparire nella leiomiomatosi ereditaria e nella sindrome di Birt-Hogg-Dubé.

Oltre a queste forme ereditarie infrequenti, vi sono forme definite familiari che indicano, per i parenti di primo grado di pazienti con tumore del rene, un rischio raddoppiato di sviluppare la stessa neoplasia.

Sintomi

La storia naturale del tumore del rene è drasticamente cambiata grazie alla diffusione dell’ecografia ed è sempre più raro che la diagnosi sia posta in seguito al rilievo di una massa palpabile a livello del fianco. Il 60% dei casi di tumore del rene è diagnosticato casualmente attraverso un’ecografia addominale eseguita per altri motivi, senza che vi siano sintomi specifici.

Quando presenti, i sintomi clinici più frequenti sono:

  • Ematuria: la presenza di sangue nelle urine è spesso il primo sintomo di malattia. Può manifestarsi all’improvviso e scomparire spontaneamente per poi ripresentarsi di nuovo.

  • Dolore sordo al fianco o spasmi dolorosi a livello del fianco o addominali (colica) causati dalla presenza di coaguli di sangue lungo la via urinaria (pelvi renale e uretere). Le coliche, come l’ematuria, sono sintomi comuni anche alla calcolosi renale.

  • Presenza di una massa palpabile nella cavità addominale a livello del fianco.

Talvolta la malattia può esordire con una serie di sindromi usualmente aspecifiche dette “paraneoplastiche” quali alterazioni della funzionalità epatica, ipertensione, perdita di peso, anemia (riduzione dei livelli di emoglobina nel sangue) o, al contrario, poliglobulia (aumento dei livelli di emoglobina nel sangue), ipercalcemia (aumento del calcio nel sangue), ipoalbuminemia (riduzione dell’albumina), trombocitosi (aumento del numero delle piastrine), o aumento degli indici di infiammazione. Inoltre nell’uomo, soprattutto nei casi localmente avanzati, un reperto caratteristico può essere l’insorgenza acuta del varicocele (dilatazione delle vene spermatiche) per compressione o trombosi della vena spermatica sinistra.

Il carcinoma renale può diffondersi direttamente a tessuti e organi vicini, sia per via linfatica che per via ematica. Le sedi più frequenti di metastasi sono i linfonodi, polmoni, fegato, ossa, rene controlaterale, cervello. Localizzazioni meno frequenti comprendono milza, grosso intestino, pancreas, tiroide e cute.

Gli stadi

Stadio è il termine tecnico usato per descrivere le dimensioni del tumore e la sua eventuale diffusione a distanza. Una volta accertato lo stadio della malattia, i medici possono stabilire con maggiore sicurezza qual è il trattamento più indicato.

stadio 1: tumore di diametro inferiore a 7 cm e circoscritto al rene, non sono presenti metastasi nei linfonodi né in altri organi;

stadio 2: tumore di diametro maggiore di 7 cm e circoscritto al rene, non sono presenti metastasi nei linfonodi né in altri organi;

stadio 3: cellule tumorali diffuse alla vena renale e/o alla vena cava oppure ad un solo linfonodo oppure al tessuto adiposo che riveste il rene;

stadio 4: cellule tumorali infiltrate nella tonaca fibrosa che circonda il rene e/o diffuse a due o più linfonodi e/o ad altri organi.

Fonti

I numeri del cancro in Italia 2017”, AIOM-AIRTUM-Fondazione AIOM

Tumori del rene, Linee Guida AIOM, Edizione 2017

http://www.medinews.it/bin/3012345._La_diagnosi012345.docx
http://www.medinews.it/bin/4012345._I_numeri_del_tumore_del_rene012345.doc
http://www.medinews.it/bin/5012345._Tumore_del_rene_le_principali_terapie012345.docx

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